CITAZIONE (Ferrobattuto @ 11/3/2011, 13:00)
Quote:Mi permetto di far notare una cosa: nel caso delle Planté la capacità totale non è data tanto dal peso del piombo, quanto dalla superficie affacciata sull'elettrolita. A mio avviso converrebbe fare piastre più sottili, con alette più sottili, e mettere più piastre. Poter anche distanziare leggermente le alette, in modo che vadano a finire le une tra le altre, quelle delle piastre positive tra quelle delle piastre negative, in questo modo si riduce la distanza e l'elettrolita interposto e la resistenza interna dei singoli elementi, a tutto vantaggio del rendimento sia in scarica che in carica. Anche avere più piastre in parallelo riduce la resistenza interna, e si riduce anche il volume totale di ogni singolo elemento.
Anche con spessori di 1,5mm per la piastra e 1 o 1,5 per le alette, si hanno comunque diversi anni prima che la corrosione possa infirmarne il funzionamento.Almeno questo è quanto credo di avere capito.
Saluti.Ferro
La capacità non dipende certo dal peso come hai detto, ma dalla superficie esposta. Tuttavia queste piastre che ho dimensionato sono il risultato di anni e anni di sperimentazione di Epstein, il quale inventò anche il metodo di formazione dell'ossido con l'acido nitirco. Dai suoi esperimenti risultò che da una piastra di dimensioni 38 x 37 cm con delle alette come descritte in precedenza, si potessero ricavare circa 60 - 70 Ah.
Anche se i dimensionamenti delle alette e degli spessori sembrano casuali, in realtà sono il risultato di innumerevoli calcoli, tutto a partire da questi due dati:
- 1 dm3
- 1 m2
Ogni piastra infatti ha un volume preciso di 1 dm3 e cioè circa 11,5 Kg (con il collettore) e una superficie esposta di circa 1 m2.Quindi 15 piastre avranno circa 15 m2 di superficie esposta, perfettamente in linea con i conti di max_linux.
E' importantissimo che le piastre stiano lontane fra di loro almeno 1 cm, distanziare le alette e incastrarle fra di loro è davvero molto deleterio per la vita dell'accumulatore. Durante la formazione degli ossidi si potrebbero (sicuramente) formare dei ponti che manderebbero in corto il tutto, la soluzione trovata da Epstein (che sicuramente avrà avuto più esperienza di noi) è quella di distanziare le piastre di circa 1 cm per assicurare una lunga vita all'accumulatore. Incastrare le alette fra di loro non garantirebbe questo cm di distanza e specialmente durante il processo con acido nitrico, dove si sviluppa moltissimo sale, il materiale si incastrebbe fra le piastre.
Non dimentichiamoci poi che questo accumulatore è privo di speratori e nonostante lavori con un elettrolita al 10% (contro il 30% delle commerciali) presenta una resistenza interna di gran lunga inferiore a qualsiasi batteria al piombo che non sia una plantè.
Nelle batterie commerciali infatti abbiamo che per ottenere la capacità di targa dobbiamo effettuare una scarica a
1/20 C o al massimo in quelle tubolari
1/10 C, e lo stesso vale per la corrente di ricarica.
In quelle di Epstein invece possiamo effettuare scariche e cariche nominali a
1/4 C, davvero impressionante se pensiamo che questa caratteristica si può quasi paragonare a un accumulatore alcalino al cadmio. Ciò risulta possibile proprio perchè la resistenza interna è bassissima e soprattutto perchè gli ossidi stando a stretto contatto con il piombo presentano una resistenza 10 volte più bassa di un accumulatore a griglie impastate.
Qui sotto vi metto una tabella fatta da Epstein in persona circa 200 anni fa:
Queste sono invece le piastre progettate e realizzate da Epstein:
E queste invece quelle che ho fatto io:
Qui un dettaglio della vista in sezione delle alette:
L'unica modifica che ho fatto, apparte il gancio per sollevarle, è stata quella di posizionare le alette in modo verticale anzichè orizzontale. Epstein le aveva fatte orizzontali perchè così il materiale che cadeva rimaneva lì ben stipato, ma questo dava un problema di smaltimento dei gas creando delle sacche e facendo diminuire sia la superficie attiva che la resistenza interna. Mettendo invece le alette verticali si risolve il problema dei gas, e per quanto riguarda il supporto meccanico degli ossidi nell'accumulatore che faremo non è necessario, in quanto non faremo nessuna inversione di carica, e in questo modo si ottiene (per esperienza provata) uno strato e uno spessore d'ossido sicuramente più difficile da ottenere in termini di tempo, ma duro come il cemento. Infatti volevo ripulire le mie piastre per tentare un nuovo metodo di formazione e prendendo la spazzola di acciaio non sono riuscito ad intaccare l'ossido se non sulle punte delle piastre, ma sulle parti piane dentro le alette non veniva via neanche a martellate.
Per finire ricordo che il forte spessore delle piastre è fondamentale, perchè dopo un anno o due di formazioni dove si manda
sempre in elettrolisi la batteria fino a 15V le piastre sottili potrebbero risentirne, quindi almeno per quanta riguarda questo ci atterremo a quanto riportato da Epstein, e cioè piastra centrale spessa 2,5 mm e alette spesse 2 mm.
Un saluto a tutti Kekko!